
Psicologia e Letteratura, Letteratura e Psicologia. I due grandi cardini della mia vita.
Le mie due grandi passioni. I due strumenti, mondi, "speciali navicelle" su cui salpare verso l'altrove.
Mi trovo in imbarazzo a parlarne.
Mi trovo in imbarazzo a parlarne.
Quasi un senso di pudore, timidezza.
Una gioia da tenere celata, un timore di sbavare.
L'immagine qui accanto, Wotan, nome germanico di Odino, è un indizio e un omaggio verso quella voce diversa che sarà ospitata in questo blog.
Per lungo tempo all'università ho studiato Shakespeare e Blake con approfondimenti legati al mondo junghiano. La Woolf passata al setaccio dalle ricerche psico-critiche letterarie incapaci di andare oltre Edipo o Lacan. Al tempo stesso leggevo per conto mio Pinkola Estés, la Bolen, la Leonard, Kalshed, Hillmann e Jung.
Costoro mi hanno parlato di letteratura più di quanto tutti gli anni di università abbiano mai complessivamente fatto insieme. Sapete dov'era la differenza?
E' difficile trovare un docente capace di trasmettere la propria emozione e il senso che ha per lui l'opera che ha scelto di trattare. Difficile trovare un docente capace di insinuare negli studenti il perché leggere e comprendere profondamente proprio la tal opera sia una questione fondamentale per la vita di ognuno. Difficile trovare un docente capace di denudarsi a tal punto dal manifestare il proprio amore attraverso una vivace, poetica, intensa spiegazione dei mondi ricamati pagina dopo pagina. E' come sentire un nastro rotto, il più delle volte. Un nastro rotto e indifferente, capace di ripetere le stesse cose senza entrare in profondità.
Le lezioni mi lasciavano insoddisfatta, svuotata, con il perenne senso d'urgenza nello scappare verso la biblioteca, da sola, per cercare altro, un appagamento intimo più profondo, degli approfondimenti più centrati e calzanti a quei bisogni impellenti che sentivo a livello di anima.
Attraverso i testi dei grandi psicoanalisti junghiani mi sono avvicinata ai cuori pulsanti della letteratura, in quel centro nevralgico in cui lo scritto e le Lettere, i miti, gli archetipi assolvono la loro funzione di fare anima e parlare all'anima. Questo mancava alle lezioni che seguivo.
Non facevano anima.
Mi sentivo spaccata. Letteralmente.
Per moltissimi mesi sono stata in bilico fra il lasciare Lingue e fiondarmi a psicologia, ricominciando da zero. Poi ho virato verso Lettere. Ora che ho la laurea in tasca torna a bussare nel mio cuore questa passione, fomentata dalla scrittura e dalla libertà letteraria che vivo, non più obbligata ad approfondire solo nei limiti imposti da programmi ministeriali.
Psicologia e Letteratura sono, per me, le due distinte ali di un abbraccio vitale, capace di parlarmi e cambiarmi. Per lungo, lunghissimo tempo mi sono domandata che strada intraprendere, se cambiare, annullare, modificare. Il mio percorso nella facoltà di lingue non mi soddisfaceva.
La struttura dell'università friulana mi sembrava un labirinto. Non so se ora le cose sono cambiate, se c'è stato un ricambio o una sorta di aggiustamento in corso d'opera, anche a fronte del 40% (e oltre) di iscritti in meno. So solo (e mi basta) che in quegli anni la psicologia e la letteratura sono stati il mio Tantalo.
Sarebbe mai stato possibile coniugare queste due parti così fondamentali per la mia vita? Avrei mai potuto vivere questa passione senza sentirmi penalizzata perché quasi totalmente incapace di vivisezionare un libro attraverso i canoni glotto-sintattico-critico-letterari? Studiare la linguistica non mi "riempiva dentro" tanto quanto la psicologia. Studiare storia mi avvinceva, ma subito la trasportavo nei meandri delle cause e conseguenze, di come avvenimenti e vicende abbiano contribuito a cambiare e plasmare la società e l'individuo. Mi sentivo "povera" nel parlare di un libro solo attraverso le lenti della trama e del manuale-spiccio-di-Freud. A me interessavano le emozioni, i simboli, i collegamenti, l'amplificazione, il farmi inondare dal mondo insito nel libro. Penso al Paradiso Perduto di Milton. Penso alla mia grandissima passione per Dante, al mio commuovermi fino alle lacrime negli ultimi canti del Purgatorio, davanti al muro di fuoco.
E' dovuto arrivare in mio soccorso Kalshed, psicoanalista la cui possente opera affronta il trauma, per spiegarmi Dite, Lucifero, la discesa. All'università spesso i discorsi si limitavano alla banalissima tiritera nota e stra nota: la simbologia del tre devitalizzata, Paolo e Francesca, Ulisse, il Conte Ugolino e... finita la Divina Commedia. Possibile?
Da qui è nata la mia quasi totale incapacità di scindere e approcciarmi a un testo senza prestare ascolto ai richiami archetipici e "di anima". Attraverso tutto questo ho anche capito che io e il mondo della scuola, in generale, non siamo proprio fatti l'uno per l'altra. Preferisco l'essere autodidatta.
Psicologia e letteratura sono cose che mi donano molta gioia. Mi parlano.
Mi fa piacere condividerla con voi.
Tutto questo per spiegare perché nei prossimi giorni pubblicherò l'intervista al Centro Studi di Psicologia e Letteratura. Scoprirne l'esistenza, conoscere Aldo Carotenuto attraverso i suoi libri, notare, ancora una volta, la vicinanza fra letteratura e psicologia, mi ha rincuorato. Sul loro sito pubblicai una recensione su "Il femminile nella fiaba" di Marie Louise Von Franz. Torvate il link qui a destra, fra gli articoli, se vi interessa.
Nei prossimi giorni vi farò conoscere una realtà che mi ha dato molto, anche se "a distanza" (per ora).
Mi ha permesso di capire che una via c'è.
Io ed Elwe intendiamo seguire questa via e questo non sarà l' unico post al riguardo che pubblicherò.
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