
Avete partecipato in tanti. E' stato veramente bello vedervi parlare fra di voi e confrontarvi direttamente, senza la necessità di avermi come "intermediario", diciamo così. Colgo il suggerimento di Vele Ivy, a cui stavo già pensando da qualche giorno e vi "riassumo" la carrellata di input di 6 righe a tema "infanzia" che avete mandato. Lascio ancora 3 giorni di tempo a coloro che non hanno partecipato ma, stuzzicati, si metteranno alla prova.
Dopo di ché ne parleremo e cercheremo di fare un passetto avanti insieme.
La Flautista:
"Nonno!!! Ciao!!!" La trottola di casa era appena arrivata e, salutata velocemente la nonna, già correva in taverna alla ricerca del nonno. Come ogni domenica c'erano molte cose da fare: scrivere, imparare, disegnare, leggere, sfogliare, scoprire.
"Chiara! Vieni, vieni dal nonno!" E Chiara si lanciava giù per le scale fino a raggiungere il laboratorio.
Ed eccolo, il nonno, dentro il suo regno di pennelli. Stava dando gli ultimi ritocchi al suo quadro.
"Cosa ne pensi? Ti piace?"
Vele Ivy:
Il ricordo più intenso della mia infanzia è l’odore del mare.
L’odore del mare… sepolto in un angolo della memoria, ora che vivo lontana dalle distese salate. Ma se ci penso, mi sento permeata da un’ondata di ricordi: ecco io e i miei amichetti intenti a guardare con aria di sufficienza i figli dei turisti, iperprotetti dalle madri, mentre noi in spiaggia ci trasformavamo in una piccola banda anarchica. Stavamo per tutto il pomeriggio lontano dalla vista dei genitori, e catturavamo granchi, ci tuffavamo dagli scogli, costruivamo castelli di sabbia, ci immergevamo a caccia di sassi colorati.
Luigi:
Da bambino avevo paura del buio e quando arrivò il momento di andare a dormire da solo
cominciarono gli incubi notturni.
Ricordo che ogni volta che arrivava il momento di andare a letto mi prendeva un’angoscia simile a quella di un condannato a morte condotto al supplizio.
Spesso non riuscivo a chiudere occhio per gran parte della notte ed allora cercavo di immaginare che il mio letto fosse protetto da una campana di vetro su cui vegliavano gli angeli, impedendo ai mostri dell’oscurità di farmi del male.
cominciarono gli incubi notturni.
Ricordo che ogni volta che arrivava il momento di andare a letto mi prendeva un’angoscia simile a quella di un condannato a morte condotto al supplizio.
Spesso non riuscivo a chiudere occhio per gran parte della notte ed allora cercavo di immaginare che il mio letto fosse protetto da una campana di vetro su cui vegliavano gli angeli, impedendo ai mostri dell’oscurità di farmi del male.
Let:
Manca poco a Natale, in classe siamo tutti un po' agitati e non riusciamo a stare fermi sulla sedia. I richiami all'ordine del nostro maestro servono a poco. Bussano alla porta e entra il mio papà: è vestito da lavoro (fa il muratore) e sulle spalle porta un sacco di gesso molto pesante. C'è silenzio ora in classe: il maestro ringrazia perchè con quel gesso faremo i lavoretti per Natale, mio papà mi saluta e silenzioso se ne va. Il maestro cerca di spostare il sacco inutilmente: 'ma come fa il tuo papà? E' davvero forte!'. Ancora ora, quando lo guardo, l'immagine che ho di mio padre è quella della bambina di tanti anni fa.
Anna De Simone:
Adorava indossare gli abiti del male, così piccola e già adulta.
Possedeva una grossa dose di perfidia ma nessuno l'avrebbe detto se non la sua cattiva coscienza, deviata da chissà quale tortura ancora più prematura della sua stessa malizia.
Era una bambina dal viso angelico, insospettabile.
Tutti i giorni nel quartiere in cui viveva si trovavano frattaglie di animali, code di volpi e teste di conigli, animali decapitati con troppa brutalità e poca attenzione; ma come detto, nessuno avrebbe sospettato di lei.
Frank Spada:
Loverman in rumba lenta. La vamp striscia gli occhi addosso a Johnny Farrel, ridendo, giro su giro, finge attenzione per il ballerino che la muove. Spirali in primo piano, lei ondula i capelli sciolti a lato degli sguardi di chi sembra non vederla, lo intriga affascinante. Lui, seduto a un tavolo, veste uno smoking bianco. La seduzione in luce e quello schermo in bianco e nero unì per sempre i miei amori all’ombra di me stesso. Vidi quel film una sera d’estate, sul piazzale del Castello. Ero in braccio a mia madre, ignara di un bambinello sedotto per la prima volta da una donna - si chiamava Cansino.
Adorava indossare gli abiti del male, così piccola e già adulta.
Possedeva una grossa dose di perfidia ma nessuno l'avrebbe detto se non la sua cattiva coscienza, deviata da chissà quale tortura ancora più prematura della sua stessa malizia.
Era una bambina dal viso angelico, insospettabile.
Tutti i giorni nel quartiere in cui viveva si trovavano frattaglie di animali, code di volpi e teste di conigli, animali decapitati con troppa brutalità e poca attenzione; ma come detto, nessuno avrebbe sospettato di lei.
Frank Spada:
Loverman in rumba lenta. La vamp striscia gli occhi addosso a Johnny Farrel, ridendo, giro su giro, finge attenzione per il ballerino che la muove. Spirali in primo piano, lei ondula i capelli sciolti a lato degli sguardi di chi sembra non vederla, lo intriga affascinante. Lui, seduto a un tavolo, veste uno smoking bianco. La seduzione in luce e quello schermo in bianco e nero unì per sempre i miei amori all’ombra di me stesso. Vidi quel film una sera d’estate, sul piazzale del Castello. Ero in braccio a mia madre, ignara di un bambinello sedotto per la prima volta da una donna - si chiamava Cansino.
Gabe:
1)La stessa odiata bambola di celluloide ,che una signora pietosa mi aveva regalato quando era morto il babbo,un modo per consolarmi di una tragica perdita.Ma alla bambola staccavo ora un braccio,ora una gamba,cercando di distruggerla.Mia madre,pazientemente,l'aggiustava,cuciva vestiti nuovi,ma forse non aveva intuito che per me quella bambola,non era un giocattolo,ma l'emblema di un dolore,troppo forte per una bambina di 4 anni.
2) Sempre quella odiata bambola di celluloide,che qualcuno mi aveva regalato quando era morto il babbo.Cercavo di distruggerla,staccando ora un braccio,ora una gamba,ma la mamma la sistemava di nuovo e la abbelliva,con nuovi vestitini di maglia.Forse neanche lei intuiva che per me quella bambola non era un giocattolo,ma solo l'emblema di un dolore troppo grande per una bambina di 4 anni.
Occhidinotte:
" - Bambiniiii!!!! - una vichinga brizzolata torreggiava sull'alveare di fanciulli. Lo sguardo di ghiaccio e l'acuto stridio della sua voce li aveva bloccati all'istante.
- In cappella, forza! - Donna di poche parole, compresse l'ordine che non ammetteva repliche o ritardi in un unico gesto. Un dito puntava la porta. In fila indiana, i pargoli rumorosi, che fino a pochi attimi prima erano apparsi gorgogliare nel giardino, presero posto trattenendo il respiro."
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