
Piove a Roma: è il tempo ideale per scrivere. Lo scorso mese vi ho creato un riassunto del blog romanzo "Lia e la ricerca del senso".
Oggi, dopo molto tempo, sono finalmente riuscita a contattare le emozioni. Ecco quindi la quinta parte del romanzo. Ci stiamo avvicinando sempre di più al momento di svolta. Chissà, magari in futuro potrebbe diventare un ebook, con i capitoletti ampliati e arricchiti. Per ora vi lascio alla lettura, ricordandovi cosa accadde nella 4° parte. Lia, tornata da una difficile giornata lavorativa, trova il marito sconvolto che l'aggredisce immediatamente con una notizia sconvolgente: Roberto è morto.
LIA E LA RICERCA DEL SENSO: 5° PARTE
Un click e la porta si chiuse. Lia fissava il volto del marito inebetita.
Che cosa stava dicendo? Di che cosa stava parlando? Roberto chi? Morto? Che cosa significava?
Lasciò cadere la borsa. Il silenzio imperava.
Un gorgo di lacrime rendeva liquidi gli spazi e i confini. Fiorenzo, di fronte a lei, era incapace di proferir parola. La moglie lo prese per mano fino al letto. Seduta al suo fianco, fu solo in grado di dire:
- Dimmi - pregando intensamente che le sue allarmanti sensazioni non si rivelassero esatte.
Infondo loro conoscevano vari Roberto, no? Perché mai avrebbe dovuto essere proprio quel Roberto? C'era l’elettricista, il collega, l’amico su Facebook, l’insegnante di pilates. Non poteva essere quel Roberto. Non poteva. Non aveva senso. Perché mai avrebbe dovuto essere proprio lui?
- Mi ha chiamato mio padre. - Fiorenzo parlava a stento, come se pronunciare una parola fosse equivalente allo sforzo più titanico pensabile per un uomo - Lo hanno trovato. - di nuovo silenzio, per poi sbottare - Ora cosa faranno? Aspettavano un figlio! – una scure sulla testa.
- Non capisco, di chi parli? Cos’è successo Fiorenzo? – la voce allarmata di Lia si fece più stridula, strozzata. No, non poteva essere lui. Il marito doveva dirle che non era lui.
L’uomo che aveva di fronte era una maschera di contrazione, stanchezza e choc. Lia non aveva alcuna intenzione di credere a quello che sbraitava attraverso i singhiozzi. Le mani di Fiorenzo, gelide e scivolose, stringevano le sue dita come fossero l’unico ramo a cui aggrapparsi, sventolando in un burrone in cui si è caduti, incapaci di schivare la spinta altrui verso il vuoto.
- Ti prego parlami, Fiorenzo, parlami. – lui piangeva, quasi soffocava, quasi rimetteva. Lia lo abbracciò di slancio continuando a ripetere, a scuoterlo, a baciarlo:
- Amore, amore mio, amore mio, parlami, dimmi, sono qui, cos’è successo, sono qui. Amore mio, ti prego, raccontami: cos’è successo a tuo fratello? – Più lo chiamava “amore mio” più i suoi singhiozzi si facevano più forti. Quando pronunciò la parola “fratello”, gli argini di Fiorenzo si ruppero all'unisono, deflagrando insieme.
- Si è ucciso. E’ morto. Si è suicidato. E’ morto. Non ha retto. Non ha aspettato. Domani sarei dovuto andare in banca per il prestito. Non ha retto. – come un disco rotto, tra conati di vomito e parole trascinate, la verità venne a galla e tutto si ibernò. Il respiro, le lacrime, il cuore, il tempo, il ticchettio dell’orologio, le auto sulla strada. Tutto diventò granito, per poi sciogliersi in una colata di lava velenosa, bollente, infuocata, di incredulità, rabbia e angoscia.
- Non è possibile! Che cosa stai dicendo? Morto! Si è ucciso? Che cosa stai dicendo? Non è vero! Non è vero! – si era alzata di scatto dal bordo del letto, provando orrore.
Tremava, un singhiozzare senza pace.
Non poteva essere assolutamente così. Sicuramente c’era un errore. Era ovvio. Non poteva essere vero. "Avranno sbagliato persona" – pensò – "e ci stiamo preoccupando per nulla". Non poteva essere vero. Roberto si era ucciso.
Roberto, il fratello del marito, uno dei suoi pochi reali amici, quello a cui aveva confidato moltissimo, era morto. Aveva scelto di morire.
Non lo poteva tollerare, non ci poteva credere anche se l’espressione del marito era così definitiva che non lasciava spazio a dubbi o speranze.
- Dimmi che non è vero. Dimmi che non è vero! Dimmelo!! – Lia ora urlava.
Il marito scuoteva la testa, guardandola con occhi così desolati e così definitivi, che lei fu costretta a capire che non c’era alcuno scherzo, che era tutto vero. Il vuoto l’avvolse il cuore.
- Roberto aveva molti debiti – riprese Fiorenzo – Non sono stato in grado di aiutarlo – fece una pausa, cercando di calmarsi - Ho rimandato di andare in banca. Potevo attivarmi, potevo chiamare, non avrei dovuto lasciarlo solo. Avrei potuto salvarlo.
- Che cosa stai dicendo? - Banca? Cosa centrava la banca ora? L’azienda edile di Roberto andava a gonfie vele! Gliel’aveva sempre detto! Cos’era questa storia?
- Roberto aveva molti debiti. Erano in gravi difficoltà con gli ordini. Dall’America gli era tornato indietro un carico rifiutato. Pensavo di poterlo aiutare con un prestito. Ma… ho rimandato, pensavo non fosse così grave la situazione, pensavo ne sarebbe uscito comunque, non sono andato in banca. E lui si è ucciso.
- Fiorenzo, cosa stai dicendo? Sei stato ammalato in questi giorni!
- Si, ma gli altri? Tutti gli altri? Ci sono mille cose che avrei potuto fare per aiutarlo e… - e non fu in grado di parlare, avvolto ancora dalla tumefatta ala nera della morte.
In quel momento a Lia tornarono in mente le parole, i momenti, la risata di quell’uomo mingherlino dai ricci color del legno. Non ci sarebbe più stata. Rideva spesso, la esortava a non mollare. Non avrebbe più sentito la sua voce, non avrebbero più parlato. Era sempre prodigo di consigli. “Ah-ah-ah io alla vita gli faccio un baffo!” soleva ripetere quasi con aria da sbruffone. Davanti a lui, lei aveva sempre percepito che ci fosse una strada percorribile, una strada possibile per uscire dall’infelicità.
Non sapeva nulla dei problemi dell’azienda. Se solo Roberto le avesse parlato veramente, avrebbe potuto fare qualcosa! Se solo fosse stata meno chiusa in casa e fosse passata più spesso a trovarlo, magari lui si sarebbe confidato! Se solo… D’un tratto, le balzò in mente un particolare.
- Aspettavano un figlio? – di quante altre cose Lia era all’oscuro?
- Si, lo avevano saputo da poco. Michela aveva minacce d’aborto e così non ne hanno parlato prima di esser certi. Mi chiese di non dirlo a nessuno.
- E si è ucciso? – a Lia mancava il respiro, ancora più incapace di capire.
Dov’era il senso di tutta questa storia? Roberto sarebbe diventato padre, aveva una moglie, una casa bellissima, un lavoro che gli permetteva molto…
- Lo hanno trovato oggi, in ditta. – Fiorenzo faticava a guardarla negli occhi, la voce sempre più sottile, la stanchezza sempre più evidente. – Ieri sera non è tornato a casa. Si è fatto la doccia. E poi…. – poi l’uomo non fu in grado di continuare a dire che il fratello si era impiccato dietro la porta del suo ufficio.
Non fu in grado di dire che la moglie, impensierita dal mancato rientro del marito, aveva chiamato la polizia e quando le dissero l’accaduto, venne immediatamente ricoverata in ospedale con un nuovo principio d’aborto e uno stato di choc fortissimo. Non fu in grado di dire che sulla scrivania dell’ufficio di lui era stata trovata una pistola con un colpo inceppato. Non riuscì a dire che il loro padre era stato ricoverato anch’esso in ospedale per un infarto. Pianse, pianse fino a svuotare gli occhi di ogni residuo di vita.
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