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Fonte Immagine: Universando.eu |
Lo stage è illegale. In un mondo di banalità contro la legge, in un mondo in cui le banalità causano danni portentosi allo Stato, alle persone, all'economia, Londra suona il gong, o così pare.
Sua Maestà ha detto quello che tutti sanno ma perpetuano. Uno stagista, dice la regina, è una persona che procura un valore aggiunto all'azienda e deve essere pagato.
L'Italia, Repubblica fondata sullo sfruttamento e sull'ignoranza, dovrebbe seguire l'esempio di Queen Elizabeth. Dovrebbe, visto che "ci tiene così tanto" ad uscire dalla crisi, a dare "futuro ai giovani".
L'Italia, Repubblica fondata sullo sfruttamento e sull'ignoranza, dovrebbe seguire l'esempio di Queen Elizabeth. Dovrebbe, visto che "ci tiene così tanto" ad uscire dalla crisi, a dare "futuro ai giovani".
Lo stage non retribuito, senza un progetto, causa un danno alla persona e allo Stato. Le mancate entrate in tasse, il mancato potere d'acquisto del singolo stagista causano effetti potenziati sull'economia, sulle imposte, sui mercati. Il lavoro va pagato. In caso contrario, si tratta di sfruttamento del lavoro (con l'ok, come accade in Italia, dei sindacati, dei politici, delle associazioni di categoria, di ConfIndustria, del parroco e dello stagista stesso). E' ottocentesca come idea, forse. Forse, è anche banale, che più banale di così non si può. Ma non accade.
Qualche settimana fa è balzata alle cronache la "vicenda Flash Art" (e io mi chiedo come mai la Guardia di Finanza non abbia fatto un giretto da quelle parti, "per giusta causa"). La suddetta "vicenda" è partita da un annuncio di stage non retribuito, senza rimborso spese, per dieci mesi a Milano, nella blasonata redazione di questa rivista d'arte. I turn over, ricambi frequenti dei lavoratori, di cui si fa cenno nell'annuncio sono, evidentemente, un modo chiaro e immediato di dire che non c'è futuro.
Risponde una ragazza titolata, poliglotta, con esperienze tecniche e lavorative specifiche maturate all'estero, chiedendo come sia pensabile pretendere di imporre il costo del lavoro alla famiglia del candidato. Come sia possibile pensare che un ragazzo, per lavorare, debba gravare sulla famiglia perché dieci mesi di vita a Milano sono un costo anche se risiedi nella via in cui ha sede la blasonata rivista.
Il direttore ha così risposto “Caterina, se tu fossi in grado di lavorare per noi ti offrirei subito, anzi, prima, due o tremila euro al mese. Prima impara a scrivere, a leggere dai siti e giornali del mondo, a fare una notizia in dieci righe, a fare l’editing di un testo, a impaginare con inDesign e poi potrai avanzare pretese. Lo sai cosa dice Tronchetti Provera? Lavorare oggi a buoni livelli e’ un lusso. Se uno non lo capisce vada a lavorare al Mac Donald. E’ forse il tuo caso? Auguri. PS: Chiedi allo Stato di aiutarti. La mia azienda non è di beneficenza. E tu cerchi la beneficenza.” così riporta Leggo.it. La ragazza risponde a tono e il direttore, incapace di trovare una qualsiasi argomentazione, non riesce a scrivere nient'altro che "Caterina, come vedi ora anche le mignotte debbono parlare 4 lingue, conoscere l’arte e inDesign. Il globalismo fa miracoli”. Inutile dire il pandemonio nato in rete, l'immediata chiusura dei commenti alla pagina di Flash Art, le smentite e i "ma voi non avete capito". Ormai la frittata era fatta. Inutile dire che c'è stato anche uno sciame di imbecilli che hanno dato ragione al direttore, "dando la colpa" alla ragazza.
E' un uso, in Italia: ti hanno stuprato? Colpa tua, che hai messo la gonna.
Questo è solo un esempio, ovvio ma, i suoi contenuti volgari, offensivi, lesivi e stupidi sintetizzano come la targhetta "capo" non significa nulla. La persona "boss" non sempre ha le competenze adatte per esserlo. Quanti datori di lavoro hanno una laurea, in Italia? Quanti di questi hanno tutte le esperienze che pretendono dallo schiavo non contrattualizzato, senza diritti, senza previdenza sociale, senza tutele in malattia o in maternità (che Dio ce ne scampi dalla maternità se si vuole avere uno spazio nel mondo del lavoro come donne!). Il più delle volte è esattamente l'opposto.
In questo caso, per esempio, il matto che ha risposto a Caterina andrebbe assicurato alla giustizia e ai servizi di salute mentale. Rivista famosa o no.
In generale, comunque, basta girare sul web, ascoltare la gente, guardare in faccia i ragazzi (invece di denigrali a prescindere): quanti stage gratuiti si scoprirebbero e quanta devastante tristezza, acuto terrore del futuro, franosa accettazione del momento nata dall'impotenza economica, dall'assenza dei diritti, dall'assenza di tutto! Uno stagista non ha diritto a nulla. Nulla di nulla di nulla. Sapete, in aggiunta al delirio di questa condizione di sfruttamento, assenza di tutele di tutti i tipi, vi è pure una beffa intrinseca: in Italia lo stage non è considerato un lavoro (passatempo, forse?). Eppure, le aziende possono contare su agevolazioni e sconti fiscali (come la riduzione dell'aliquota) e libertà nei licenziamenti (chiamiamoli così, visto che non c'è alcun contratto, impegno serio, progetto, programma, futuro) esattamente "come se" si stesse trattando di una qualsiasi altra forma di lavoro. Quel che cambia sono le percentuali negli sgravi.
Questi elementi favoriscono i bisogni economici di chi "assume" ma, non dei lavoratori (anche chi fa un tirocinio lavora tanto, se non di più, di chi può dormire sonni mediamente sereni con un contratto firmato alle spalle). Mi chiedo come sia pensabile far ripartire la ruota economica senza dare la possibilità "spicciola", economica, monetaria, lavorativa alle giovani generazioni di contribuire.
Mi chiedo come sia possibile che uno Stato avvalli l'evasione fiscale mascherata (dal versante azienda, lo stage gratuito e perpetuo lo è). Mi chiedo perché a nessuno importi realizzare una riforma del lavoro, una riforma fiscale (capace di includere anche le tasse che pagano le imprese e le imposte sottratte al salario di ogni lavoratore). Mi chiedo perché da noi sia ancora accettato lo sfruttamento del lavoro.
Una volta, molto, molto tempo fa, i sindacati si interessavano ai diritti dei lavoratori, al salario minimo garantito, alle condizioni di lavoro umane, al passaggio da apprendista a lavoratore a tutti gli effetti. Molto, molto tempo fa, chiaro. Nei libri di storia. Nell'Ottocento, forse. Oggi non è possibile contare nemmeno sui sindacati, visto e considerato che sono semplicemente branche di partito in grado di aiutare i tesserati "con ritorno" (in fatto di beni, posizioni, conoscenze, servizi, piaceri). Branche di partito senza bilancio ma, con introiti non dichiarati, non presentati. Quante cose ci sarebbero da fare prima, in concomitanza, oltre e non solo alle tirate mediatiche sullo scontrino non fatto per un caffè!
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